18 novembre 2010

UN PO' DI INFORMAZIONI SUI MASTERS IN INGHILTERRA.

Dalla mia esperienza ho notato che la maggior parte degli studenti Italiani preferisce fare un Master all’estero rispetto ad una laurea triennale. Questo succede in parte per motivi logistici (il processo di far domanda ai corsi undergraduate e’ decisamente più complicato di quello ai masters), in parte perché a 19 anni in molti non hanno ancora preso padronanza di una lingua straniera e in parte perché se si vuole tornare in Italia a lavorare, un master all’estero con una laurea Italiana e’ spesso considerato un buon mix.

L’Inghilterra e’ un ottimo posto per fare un master poiché offre una gamma di corsi enorme, perché non e’ distante come l’America e perché i master inglesi hanno già una lunga tradizione. E’ stata l’Inghilterra, infatti, a istituire master postlaurea nelle proprie università per prima in Europa, seguendo l’esempio degli Stati Uniti, in particolare nel settore economico-manageriale e di policy-making o amministrazione politica.

Quando si valuta un master bisogna prima di tutto pensare alla ragione per la quale volete farlo. Mentre i corsi undergraduate non necessariamente devono essere legati al mondo del lavoro (ho diversi amici che dopo essersi laureati in teologia sono andati a lavorare nel mondo della finanza) un master deve offrire una formazione più professionale. A differenza dei corsi undergraduate, con i master non c’e la possibilità di prendere prestiti agevolati e il numero delle borse di studio, specialmente per i non-UK residents e’ abbastanza limitata. I costi dei masters varia dai 5.000 ai 30.000 pound. Fare un master per puro piacere non e’ quindi consigliabile, cercate di valutare se un corso vi servirà a migliorare le vostre probabilità di trovare un lavoro nel settore di vostra scelta.

 Per iscriversi a un master si deve fare una domanda individuale a tutte le università che offrono corsi di vostro gradimento (non come per gli undergraduate che si fanno tramite UCAS). Di solito la domanda consiste in un curriculum con i voti della laurea (o i voti che sperate di prendere alla laurea) e le esperienze di lavoro che avete fatto (particolarmente importanti per un Master in Business Administration o MBA); due o tre referenze dai vostri professori universitari e una lettera di accompagnamento dove cercherete di ‘vendervi’ ai direttori dei corsi. Queste lettere devono essere formali e devono evidenziare tutte le vostre caratteristiche senza apparire troppo arroganti. Cercate di dare prova delle vostre qualità; per esempio: sono una persona intraprendente, ho da poco iniziato a scrivere un blog che da consigli su come fare domanda alle università in Inghilterra.

 Come con gli undergraduates e’ meglio fare domanda per un master l’anno prima del suo inizio. Le date di scadenza per i masters non sono così rigide come per gli undergraduate ma fare domanda il prima possibile vi darà più possibilità di essere presi.

 Cinque cose da valutare quando si fa domanda:

  1. Questo master mi aiuterà a trovare il lavoro che voglio?
  2. Quale è l’università migliore che offre il corso che voglio fare (consultare il sito dell’Times Higher Education Ranking).
  3. Quanto costa il mio corso? Esiste un corso simile che costa di meno in un’università’ ugualmente prestigiosa?
  4. Che reputazione ha il mio corso e la mia università nel paese dove voglio andare a lavorare (in Italia tutti hanno sentito parlare di Oxford e Cambridge ma non di Warwick o Durham).
  5. Se si considera una carriera accademica allora e’ meglio fare domanda a masters di ricerca chiamati MPhill. I masters per la formazione al mondo del lavoro si chiamano MSc o MBA (per il business) o MPA (per l’amministrazione politica).

11 novembre 2010

LE INTERVISTE ALLE UNIVERSITÁ INGLESI.




Per essere ammessi alla maggior parte dei corsi undergraduate in Inghilterra un intervista non e’ necessaria. Molte universita’, infatti, guardano solo il curriculum e le referenze.
Per quelle universita’ dove un’intervista e’ necessaria pero' e’ importantissimo prepararsi psicologicamente. Ricordo le mie interviste ad Oxford (che durarono due giorni dalle 10 del mattino alle 9 di sera). Il mio professore di teoria politica mi chiese: "Ci sono tre persone, due vogliono bere del te’ e una vuole bere del caffe’. Se possono bere solo un tipo di bevanda perche’ dovrebbero scegliere di bere il caffe’?"
Pensai che fosse matto ma l'intervista divenne subito un dibattito filosofico su Kant, Mill, l’utalitarismo, il pensiero democratico di Rousseau e il Levitano di Hobbes. Alla fine dell’intervista ero stremato, ma non quanto lo fossi dopo l’intervista con il mio professore di filosofia dove cercai di difendere una mia teoria socialista che venne completamente distrutta nel giro di mezz’ora. Quando poi iniziai i miei tutorial con lo stesso professore e mi ero gia’ convinto che la mia teoria fosse veramente sbagliata mi disse tutto quello che avrei dovuto dire per difenderla, riconvertendomi immediatamente (non ne vado fiero).
E’ impossibile arrivare alle interviste di Oxford, o Cambridge o la UCL preparati. L’importante e’ rimanere calmi ed essere pronti a rispondere a qualunque cosa senza paura. I professori vogliono vedere il tuo modo di riflettere, discutere e difendere le tue opinioni. Preferiscono una persona che sa ragionare rispetto ad una con molte nozioni ma poca capacita’ analitica.
Un cosa che potete fare per sfoggiare le vostre conoscenze e’ specializzarvi in un argomento. Cercate di evitare argomenti troppo vasti come "l’Africa" o "il cambiamento climatico". Cercate qualcosa che vi interessa (e naturalmente che abbia qualcosa a che fare con il vostro corso di studi) e cercate di navigare l’intervista su quell’argomento.
Leggere L’Economist aiuta se volete iscrivervi a corsi di politica, economia, european studies, relazioni internazionali etc. Se invece vi interessano corsi di storia specializzatevi in un periodo o in un personaggio; se vi state iscrivendo ad una laurea in filosofia scegliete un filosofo e studiate uno dei suoi libri nel dettaglio. Purtroppo non posso darvi consigli su cosa leggere se volete fare fisica, biologia o chimica.... sorry!

10 novembre 2010

FUGA DEI CERVELLI ANCHE DALL'INGHILTERRA?

Io e Il Fatto Quotidiano non andiamo proprio d'accordo sul settore delle universita' e della fuga dei cervelli. In un articolo dell'8 Ottobre 2010 intitolato "Tagli alla ricerca, anche il Regno Unito si prepara alla fuga dei cervelli" il giornalista dice che i tagli ai contributi statali per le universita' inglesi, necessari per ridurre il deficit del Regno Unito (che al momento e' il piu' alto di Europa all'11%), faranno scappare molti studenti e ricercatori dagli atenei del UK. L'articolo pero' non prende in considerazione il probabile incremento delle tasse universitarie che saranno piu' che sufficenti a compensare i tagli statali.

Ecco il mio commento:

I tagli alle universita’ inglesi non saranno cosi’ drammatici come fa credere l’articolo. Questi tagli, infatti, saranno compensati da un incremento delle tasse universitarie che al momento hanno un tetto di £3240 pound. Universita’ di prestigio come Oxford e Cambridge potrebbero arrivare a far pagare sopra i £9000 pound se i suggerimenti della Browne Review diventeranno realta’ (cosa non ancora sicura).

Questo dovrebbe impedire a un grosso numero di studenti di andare all’universita, specialmente a quelli che provengono da situazioni piu svavoreggiate. L’Inghilterra pero’, a differenza dell’Italia, ha un sistema di prestiti per gli studenti molto efficiente.

In Inghilterra tutti gli studenti europei hanno accesso a prestiti agevolati tramite la student loan company che gli permette di pagare tutte le tasse universitarie e parte del costo della vita quotidiana (1000 pound a trimestre). Una volta laureati, gli studenti devono ripagare il debito solo una volta che guadagnano almeno 15,000 pound (secondo la Browne Review questo threshold dovrebbe salire a 21,000 pound). La quota che il laureato deve ripagare è determinata dal suo salario, dovrà infatti pagare il 9% della sua busta paga mensile. Se dopo 25 anni il debito non è ripagato completamente, il rimanente viene ripagato dallo stato.

Questo sistema è efficiente perché da la possibilità alle università di diventare autosufficienti senza dover pesare troppo sullo stato. E’ anche un sistema che non sfavoreggia le classi meno abbienti per due motivi:
 

  1. I laureati meno fortunati che non riusciranno a trovare un lavoro redditizio dopo l’università’ non sono obbligati a ripagare il debito e sono protetti dallo stato che copre questo rischio. Se i laureati dovessero trovare un lavoro appena oltre il threshold di 15,000 pound (o 21,000 pound secondo le nuove proposte) le rate per ripagare il debito rimangono comunque proporzionali al reddito (il 9%).
  2. L’82% dei lavoratori inglesi non ha una laurea (in Italia l’86%) (Nicholas Barr 2004). Inoltre, il 90% del 18% dei lavoratori che hanno una laurea vengono dalle classi sociali più alte. Finanziare l’università tramite le tasse è quindi un sistema estremamente regressivo dove le classi sociali più basse finiscono per finanziare gli studi dei figli delle classi sociali più alte (guardate post del 17 Ottobre 2010).

5 novembre 2010

EMANUELE'S COMEBACK.

Ecco cosa ha scritto Emanuele, l'intervistato da Il Fatto Quotidiano sul mio commento del 1 Novembre 2010:

Caro Emanuele,
hai ragione sul fatto che vivere all’estero e’ una scelta. Ed e’ bella l’idea itinerante che gente si sposta da un paese all’altro…cosi come succedeva nel medioevo (pensa a Dante). Il problema e’ che se fai il saldo tra chi parte dall’Italia e chi viene in Italia dai paesi esteri ti rendi conto che non e’ uno scambio. Credo che il problema sia questo. In linea di principio sono pienamente d’accordo con te.

1 novembre 2010

RISPOSTA A IL FATTO QUOTIDIANO.

Il 31 Ottobre 2010 Il Fatto Quotidiano ha pubblicato sul suo blog un articolo intitolato Emanuele, da Torino a Oxford via Parigi dove parla di Emanuele (non sono io), studente brillante che dopo aver studiato a Torino e alla Science Po di Parigi è finito ad Oxford a fare il ricercatore. L’articolo parla di Emanuele come esempio di una generazione di studenti Italiani che parte per l’estero dove trova più opportunità per mai più tornare in Italia e dice che le esperienze fuori sono una “strada a senso unico”. Credo che questo sia sbagliato, ecco la mia risposta:


Caro Il Fatto Quotidiano,

Anch'io mi chiamo Emanuele e anch'io ho studiato ad Oxford. Sono arrivato in Inghilterra a 13 anni e ho fatto superiori, undergraduate e master in questo paese. Credo di essere quindi in una buona posizione per criticare la posizione drammatica che avete preso in questo articolo.

Il percorso di studi all’estero non è per tutti gli studenti Italiani una strada a senso unico. Anzi, molti vanno fuori per poi tornare con un bagaglio di esperienze che non vedono l’ora di svuotare sulla terra madre (nel mio caso la Sardegna). Andare in un altro paese per un semplice viaggio oppure per studio ci permette di guardare l’Italia in modo più obbiettivo e razionale e a tanti, sicuramente a me, ha fatto venir voglia di tornare per cambiare le cose che non vanno bene e rinforzare le grandi qualità della nostro paese.

Le università Italiane non hanno sicuramente il prestigio di quelle inglesi o americane, basta guardare la Times Higher Education Ranking per rabbrividire nel non vedere un singolo ateneo tra le prime 200 al mondo. Credo che sai importante per i nostri studenti fare esperienze in alcune delle università che figurano in questa lista. È per questo che da poco ho iniziato un blog per spiegare come si fa domanda alle università inglesi (universitaininghilterra.blogspot.com). Ma non l’ho fatto per sollecitare il processo di brain drain, bensì perché credo sia importantissimo che l’Italia abbia i migliori brains/cervelli del mondo per poter competere con il mercato del lavoro mondiale. Sino a quando le nostre università non si daranno una mossa ad ammodernarsi  il modo migliore per farlo è cercare pascoli più verdi altrove.

Non credo in nessuna strada a senso unico. Preferisco pensare invece ad una grande piscina dove le conoscenze viaggiano liberamente da una parte all’altra e prima o poi ripassano dal loro punto di partenza.

Emanuele.